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ECCO LA MELONI DI 20 ANNI FA

Editoriale  / 140

ECCO LA MELONI DI 20 ANNI FA

Bilancio generazione “d” (destra) TRA GHETTO E SINISTRA

di Pierluigi Palmieri

Nell’editoriale 138 del 7 gennaio 2024, ho celebrato la penna di Angelo Maria Palmieri, che è scomparso tredici anni fa lasciando nello sconforto la nostra famiglia, che nel giornalismo aveva già trovato spazio e soddisfazione nella collaborazione di suo padre, mio fratello Eliseo,  con le prime Radio e Televisioni libere e con il quotidiano Il Tempo (gli avevo passato il testimone quando fui chiamato ad assolvere il servizio di leva). Sua cugina Giovanna “Nina”, di quattro anni più grande dopo aver esordito sulle colonne de IL Messaggero e con i microfoni di Radio 101, era già stata protagonista e autrice in TV con Invisibili (Italia 1),Campo de’ Fiori (Rai 3) e I viaggi di Nina (LA7, 2006). Di conseguenza il vuoto  provocato dalla prematura scomparsa di Angelo Maria è ampliato dall’aver spezzato la sua penna nel momento in cui stava producendo i germogli più maturi. E ancor più l’aver interrotto il potenziale dialettico, giornalisticamente parlando, che si affacciava all’orizzonte della nostra famiglia sia in termini culturali che sulla politica e sul sociale.  Dei frutti di questo confronto, senza tema di smentita, ne avrebbe potuto godere un numero crescente di potenziali lettori e telespettatori .

A conferma di questa affermazione offro ai lettori di Centralmente- La Rivista una intervista, che oggi sa tanto di attualità, perché coinvolge il premier del Governo italiano in carica. Stimolata dall’arguto intervistatore e dalle sue riflessioni, nude e crude e volutamente provocatorie, sul rapporto tra giovani di destra e di sinistra, Giorgia Meloni fa un’analisi, tra autocritica e propositività,  dello status della destra che, in molti tratti, contribuisce ad individuare le tracce su cui si è costruito il percorso che ha portato l’allora presidente di Azione giovani (Ag) “fuori dal ghetto” e a salire le scale di Palazzo Chigi per sedersi sulla poltrona più ambita dai politici.

 Da INTERVISTE di Angelo Maria Palmieri (Cilindro) 

Come i giovani vedono lo spettacolo del centro-destra (dalla politica, dalle dichiara­zioni dei suoi capi, al governo, ai nani e ballerine che infesta­no lo schieramento). Lo spirito prevalente è la nostalgia per gli Anni Settanta, per quan­do si era all’opposizione. A quando il cambiamento di de­stra della società italiana?

A.    M. Palmieri

 Essere di destra e avere vent’anni è sempre stato difficile. Se prima, un ventenne, rischiava la vita oggi è molto probabile che si ritrovi a subire qualche velata discriminazione. Perché, si sa, il ragazzo di destra o è un fascista o è un idiota e come tale non è abilitato a parlare di nulla.

 La meraviglia di un coe­taneo quando annunci di essere di destra si tramuta in un disprezzo: «Sei di destra? Come mai?» E spesso quel “come mai” di­venta una coltellata del tipo: «Come fai?».

Il ragazzo di destra risulta banale, super­ficiale e senza valori. Non è in grado di ca­pire la scelta politica di chi lotta e di chi fa politica sul serio. Quelli di destra hanno altri valori e consumi: auto, discoteca e soldi.

 E la laurea per parlare così quelli di sinistra ce l’hanno perché sono colti, per­ché aiutano il prossimo e perché hanno uno spiccato senso di responsabilità e di propensione verso i diritti del prossimo e del più debole.

Poi se quei giovani quan­do crescono diventano deputati e otten­gono un appartamento in affitto al cen­tro di Roma a tremila lire al mese grazie a qualche ente pubblico, poco importa: so­no i compagni che sbagliano del duemi­la.

Ad uno di destra non è permesso nien­te. Il ragazzo di destra gioca alla play station, va al locale più costoso della città, spende i soldi per i vestiti e non può fare a meno della discoteca. Il compagno di sinistra lotta e basta: o sta in sezione o nel centro sociale. È tutta qui la differenza.

Poi magari può succedere che va a fare la spesa proletaria saltando le casse e stap­pa al parcheggio del centro commerciale una bella bottiglia di Berlucchi. E brinda alla faccia dei proletari.

Se sei di destra, poi, non puoi capire la musica. Il giudizio di un compagno dei Giovani comunisti è stato chiaro: «Noi c’abbiamo il primo maggio, De Gregori, Guccini, quelli di de­stra comprano le compilation di San Re­mo». Un suggerimento per una revisione della canzone di Gaber “Destra sinistra”.

Insomma, il ragazzo di sinistra è tutto va­lori, solidarietà e cultura, tutti si ritrova­no e si capiscono davanti ad un concer­to, al centro sociale o alle feste dei loro partiti; il ragazzo di destra pensa solo al denaro, alla bella vita e alle macchine e ha come punto di ritrovo la discoteca, il pub o la maison di Bulgari.

Ai giovani di destra manca un punto di riferimento forte co­me il centro sociale o un concerto. Ma, ed ecco la gravità, ascolta i dischi di San Re­mo. Il grosso complesso di inferiorità na­sce anche perché si cerca la legittimazio­ne da parte dei compagni.

 «È un tentati­vo dei ragazzi di sinistra» – ci corregge Giorgia Meloni, presidente nazionale di Azione Giovani, l’organo giovanile di An – «di maturare un complesso di superio­rità per nascondere la loro debolezza». E per debolezza leggasi insicurezza.

“Noi siamo fieri” – dice la Meloni – «della no­stra identità e della nostra natura ma sia­mo stati ghettizzati. La sinistra in realtà governa da cinquant’anni ed è riuscita a creare degli spazi per i giovani occupan­do tutto, anche perché ha avuto ed ha molti soldi per propagandare e realizza­re iniziative tipo quella del primo mag­gio».

Il problema è nella propaganda e nei soldi, ci sono iniziative dei ragazzi di de­stra ma non hanno la stessa eco di quelle di sinistra. Continua Giorgia Meloni: «Abbiamo difficoltà addirittura a trovare cantanti disposti a partecipare ad una nostra manifestazione e pensare che sia­mo, oggi, un partito di governo. Ecco la forza della sinistra, continuare a costruire una vera lobby culturale». Ma chi dice che la cultura sta a sinistra sbaglia di gros­so: «La sinistra è stata solo capace di crea­re quel circuito economico e quindi cul­turale che ha offuscato la destra cultura­le. Ed è un circuito difficile da ridimen­sionare perché è stato innescato da trop­pi anni».

 E non è colpa di chi ha lasciato correre la sinistra? Non è colpa proprio dei giovani di destra vecchi e attuali? «Il nostro errore» – chiude la presidente di Ag- «è quello di non essere riusciti a crea­re quello stesso circuito con la stessa ri­sonanza, ma i giovani di destra hanno, e come, i loro punti di riferimento e le loro iniziative. La nostra colpa è quella di non raggiungere quei livelli sia per motivi economici sia perché non è facile colpire un nucleo creato in cinquant’anni».

For­se la differenza tra un ragazzo di destra e uno di sinistra sta nell’orgoglio. Il giova­ne di destra di sicuro è orgoglioso di credere in certi valori che il ragazzo di sini­stra calpesta.

Come la patria, dove da­vanti a chi la calpesta e la internaziona­lizza o globalizza, c’è chi l’ama e la difen­de. Il ghetto a cui la destra dei ventenni è entrata deve essere abolito.

Ma se i com­pagni hanno avuto tanto spazio è anche grazie agli adulti di sinistra. A loro, agli adulti di destra, è affidata la crescita dei giovani che saranno, forse, la classe cul­turale e dirigente del futuro.

E così si uscirà da quel ghetto, anche con la play-station in mano.

La Destra -Rivista trimestrale -Anno II numero 8-2004 

 

 

 

 

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