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INTIMACY – GALLERIA RAFAEL PÉREZ HERNANDO – MADRID

Angela Burson, Anne Buckwalter, Chechu Álava, Rosalía Banet, Sabine Finkenauer, Scout Zabinski e Sofia Pashaei: sette donne artiste, tutte con stili e linguaggi molto simili, si ritrovano attorno al concetto personale di “INTIMO” documentando pittoricamente, la loro visione, in una mostra collettiva.

Il curatore dichiara che trascorrere diverse settimane rinchiuso, durante la primavera del 2020, gli ha permesso di scoprire i social network in modo più approfondito e imparare a sfruttarli come strumento di conoscenza del lavoro di artisti provenienti da luoghi diversi e…molto lontani dal suo divano. 

Un giorno, per caso, in una di queste ricerche si imbatte in Anne Buckwalter (Lancaster, 1987). Sorpreso dalla sottigliezza con cui le opere di questa giovane pittrice parlavano dell’intimità, della sessualità e di altri tabù che sono delle persone, decide di incontrarla e da ciò nasce il progetto che li ha spinti a contattare altre  pittrici, tutte accomunate da una figurazione che si esprime attraverso la pittura, il disegno o il cortometraggio.

Si aggiungono così le opere di Angela Burson (Liberty, 1969) e Sofia Pashaei (Stockholm, 1989). I loro interni, i personaggi ritratti, per lo più femminili, proiettano lo spettatore in un mondo solo apparentemente conosciuto ma estraniante e diverso dalla normalità, incoraggiando lo spettatore ad osservare, analizzare e decifrare ogni dettaglio. (La comunanza, mai dichiarata dal curatore, con la letteratura visionaria ispano-americana, vicina al pensiero di Cortazar con la sua capacità di rendere surreali situazioni apparentemente normali).

Nel 2021 si consolida il rapporto con Rosalía Banet (Madrid, 1972) dove il curatore scopre una serie di tele dei primi anni 2000 nelle quali ancora una volta, l’“intimità” si manifesta, in questo caso, sotto forma di santi contemporanei che, tra scene  di umanità quotidiane, confessano i loro peccati. La medesima situazione di paradosso la si vive nelle enigmatiche “principesse” e “abiti” di Sabine Finkenauer (Rockenhausen, 1961) e ancora le opere degli artisti Chechu Álava (Asturie, 1973) e Scout Zabinski (New Jersey, 1997), che integrano la mostra secondo stessa tematica.

 

Sofia Pashaei Mother’s milk è un cortometraggio che indaga la percezione della femminilità. Il film esplora sei ricordi in cui il passato e il presente si intrecciano. Ogni ricordo viene creato come un loop animato senza un particolare inizio o fine. Le immagini sono frammentate nello stesso modo in cui un ricordo o un pensiero possono distorcere e giocare con la percezione. Ogni parte è raccontata da un diverso punto di vista, giocando sempre sul contrasto tra semplicità e complessità.Questo film riflette sull’intimità da un punto di vista collettivo.

Desert è un cortometraggio creato come poesia visiva su una donna che tocca il fondo. Le difficoltà la seppelliscono viva. Lei è di questo mondo, ma decisamente no. Nascondendosi nelle sue vecchie lotte, giocava con l’idea di rialzarsi. Il mondo la attira, aiutandola a cercare ciò che era una volta. Solo nella sua consegna trova la sua risposta.

Questo film parla dell’intimità dal punto di vista dell’individuo.

Scout Zabinksi “Il mio lavoro si occupa di trauma e recupero, autoriflessione, dipendenza, abuso, disturbi alimentari e caos della mente in generale. Dipingo quello che so. Dopo aver studiato psicologia, mi sono resa conto che l’arte che volevo creare era troppo personale per essere messa sul corpo di qualcun altro. I miei quadri sono sempre stati autoritratti anche quando non erano illustrazioni della mia forma fisica. Penso che questo valga per tutti gli artisti. Non importa cosa dipingi, esponi un po’ di te stesso.

Tuttavia, quando ho capito che il mio lavoro funzionava come una sorta di terapia e meditazione per me, è diventato più chiaro che aveva senso dipingere me stesso solo perché così avrei potuto essere completamente libero con ciò che ho scelto di dire. Nessuno poteva dirmi quanto essere abrasivo, condannante o onesto con me stesso”.

Anne Buckwalter “Penso che la più grande differenza tra il mio lavoro e quello di altri pittori che lavorano con lo spazio interno sia che gli spazi che creo riflettono direttamente la mia esperienza vissuta. Sono stanze immaginarie che si basano sul modo in cui mi relaziono alla mia infanzia, al mio corpo, alla mia sessualità, al mio senso di identità come persona che si identifica come donna che si muove nel mondo. Non sono luoghi reali, ma piuttosto spazi psicologici costruiti combinando i miei ricordi, la mia autobiografia con l’autoespressione.

Rosalía Banet […] traccia percorsi tra desiderio, ironia, denuncia, curiosità, indagine, narrazione, provocazione, gioco e umorismo nero, e così rivela paradossi, denuncia la società delle apparenze e della superficialità, scava nella poetica dell’urbano e l’onirico, o parla di quanto siamo profondamente fragili e vulnerabili”.

“Liturgia dell’intimo” di Guillermo Balbona. In questa mostra ci sono una serie di ritratti di donne e uno di Sigmund Freud. Perché è l’unico uomo rappresentato?

Non so se chiamarla ironia. Includo Freud perché tutti ci cerchiamo l’un l’altro. Per me riflette soprattutto la ricerca di se stessi, quella potente ricerca interiore che dobbiamo fare per andare avanti. Penso che ci conosciamo in modo diverso, ma in parte è un modo per ridere di noi stessi. È una scena sul divano che potrebbe essere un autoritratto, o potrebbe essere ognuno di noi che racconta a quel vecchietto le nostre mosse.

Sabine Finkenauer “Dipingo immagini di figure, i loro averi e spazi interni, che indicano complesse relazioni psicologiche e sociali tra loro. Spesso la figura è tagliata o senza testa, in modo che lo spettatore veda il corpo vestito non come un ritratto, ma come un insieme di oggetti e motivi.

“Il tema generale, sia nei miei quadri che nei miei disegni, sono semplici ‘cose’. Appaiono oggetti della vita quotidiana come mobili, vestiti, piante, architetture o montagne. Anche figure come bambine, principesse o bambole che sembrano essere legate all’immaginazione e alle storie dei bambini”.

 

 

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