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I TRE RISCHI SISTEMICI CHE CI ATTENDONO NEL 2023

di Mario Travaglini

La scorsa settimana, dopo aver tracciato in grandi linee il quadro complessivo della economia e della finanza mondiale, ho invitato i lettori a rimanere “sobri”, proprio come si fa quando si è in presenza di un vino poco buono con tendenza a virare verso l’aceto. Oggi, nel riprendere il discorso, provo a formulare una ipotetica strategia  dando a tutti  appuntamento alla fine di dicembre  del 2023 per verificarne l’andamento e se, eventualmente, siano maturati frutti o subito perdite. Perché proprio adesso? Semplicemente perché l’inizio dell’anno è un’occasione per fare il punto sugli investimenti azionari e adattare la propria strategia al contesto macroeconomico, trascurando tutti quei tradizionali esercizi di previsione sui mercati pubblicati dai media, più attenti all’intrattenimento ed alla divinazione piuttosto che all’analisi finanziaria.

Dal punto di vista finanziario sappiamo che gli anni si susseguono ma non sono tutti uguali. Infatti il 2021 non è paragonabile né al predente né al 2022, e se  nel 2021 era necessario investire in un contesto di pandemia duratura e tensioni nelle filiere internazionali,  all’inizio del 2022  gli investitori esperti puntavano le loro attenzioni sulle questioni energetiche, anticipandone la carenza (di cui la guerra in Ucraina è stata solo un catalizzatore, poiché il prezzo del gas in Europa ha iniziato a salire nell’estate del 2021). A mio avviso  all’inizio del 2023 il quadro si mostra totalmente diverso dai precedenti con tre principali cambiamenti di paradigma che potrebbero influenzare in modo significativo le scelte di investimento dei risparmiatori. Per coloro che sono stati poco attenti e si sono fatti sorprendere dalla velocità degli eventi, saranno le “minacce” o i “rischi” sui mercati a giustificare la svendita dei loro portafogli . Chi, invece, li ha anticipati, vedrà quei rischi come una semplice ridistribuzione delle carte macroeconomiche… e un’opportunità di guadagno.

Primo rischio sistemico :  presto mancanza di petrolio?

La guerra in Ucraina continua, e con essa le tensioni economiche tra Europa e Russia. A dire il vero, in questo momento dell’anno, sono molto più ottimista sulle nostre forniture di gas rispetto a sei mesi fa. Il  tessuto economico del Paese si è adattato dolorosamente, ma si è adattato. Se non si deve sperare in una miracolosa resurrezione delle aziende colpite duramente dall’aumento del prezzo del gas, i sopravvissuti che sono riusciti ad avere un’attività redditizia alla fine dell’anno 2022 dovrebbero continuare a poter lavorare nel 2023. La loro posizione potrebbe persino essere più forte rispetto a un anno fa se nel frattempo alcuni dei loro concorrenti dovessero fallire . L’approvvigionamento di petrolio, invece, sarà la prossima crisi da gestire. In risposta all’introduzione da parte dell’Unione Europea, del G7 e dell’Australia di un tetto al prezzo del petrolio russo, il Cremlino potrebbe ridurre quest’anno la sua produzione, che attualmente si aggira intorno ai 10 milioni di barili al giorno (9,7 Mb/g sui dati consolidati di ottobre 2022). Un dato non di poco conto essendo la Russia  il secondo produttore in volume di OPEC, e da sola soddisfa il 10% della domanda globale. Parliamoci chiaro: così come non potremmo fare a meno del gas russo senza grossi effetti sulla nostra economia, non possiamo fare a meno del petrolio russo, che ancora oggi scorre attraverso paesi terzi. Se il gas naturale rappresenta circa il 20% dell’energia totale consumata in Europa, il petrolio rappresenta il 36%, ovvero 1,8 volte di più. Qualsiasi calo di disponibilità avrà quindi effetti importanti sul nostro PIL. Come per il gas nel 2022, gli acquirenti meno solvibili rischiano di doversi fare da parte in caso di carenza e cessare ogni attività.

Secondo rischio sistemico: una crisi di liquidità degna dei subprime ?

Nel corso del mese di dicembre il noto gigante Blackstone, una delle più grandi società finanziarie del mondo, specializzata nei settori di private equity,   ha dovuto limitare le richieste di riscatto per il suo fondo immobiliare di punta ta2nto che l’amministratore delegato ha avuto buon gioco nell’affermare che il buy back (riacquisto di azioni proprie) era stato un atto dovuto solo per aiutare gli “investitori in difficoltà finanziarie”. Si è trattato di un gioco di prestigio semantico che non è riuscito pero a mascherare  l’emergenza, diventata un problema indipendentemente da cosa l’ abbia causata e soprattutto perché il fatto è stato il seguito di quello che pochi mesi prima era successo in Gran Bretagna. In quel paese, infatti, il 27 settembre si è verificato un crollo obbligazionario senza precedenti con i titoli a 30 anni (Gilt) saliti di ben 115 punti base in una mattinata. Naturalmente, la Banca d’Inghilterra rassicurò rapidamente i mercati tirando fuori l’artiglieria pesante… ma il danno era fatto e il Gilt tornò a livelli quasi identici poche settimane dopo. Gli osservatori più giovani che non hanno ancora vissuto una grande crisi finanziaria vedranno in questi due aneddoti degli epifenomeni, mentre chi ricorda le crisi passate sa che gli anelli più deboli della catena economica per definizione si spezzano per primi. Le tensioni sul mercato obbligazionario insieme ai gestori di fondi che non riescono a soddisfare la domanda non sono dunque fenomeni secondari ma rappresentano un segnale inequivocabile di un prosciugamento della liquidità, il che porterà il costo del denaro nel 2023 sempre più in alto, nonostante la forte inflazione. Tutto questo mi porta a dire che anche se non è mai una buona idea liquidare tutte le proprie posizioni ed essere totalmente liquidi, risparmiare oggi denaro per poi rastrellare  titoli cartacei ad un prezzo di saldo potrebbe essere una strategia vincente nei prossimi sei mesi.

Terzo rischio sistemico : vivere senza la BCE ?

Non mi riferisco,ovviamente, alla abolizione della Banca Centrale Europea, che nel contesto attuale sarebbe assolutamente impensabile, quanto, invece, al fatto che  un’intera generazione di investitori e di consulenti non sa come affrontare la nuova realtà determinatasi a seguito della decisione della BCE di interrompere  gli acquisti dei titoli del debito pubblico emessi dalle banche centrali . Dopo quasi 15 anni, con particolare riferimento al periodo draghiano, durante i quali  è stato fatto sempre “tutto ciò che serve”, la sfera finanziaria si è talmente abituata a poter contare sulla BCE per mantenere la stabilità  dei prezzi degli asset. tanto che oggi appare del tutto spaesata non potendo più contare su quel riferimento rassicurante. Più volte nel passato ho ricordato il ruolo cruciale e distorsivo  che ha avuto la generosità monetaria della BCE nel contribuire alla formazione della  “bolla”, determinando prezzi abnormi per le azioni, le obbligazioni e gli immobili, sia in Italia che  in tutta Europa. Questo fiume di denaro gratuito ha avuto  anche il ruolo di anestetico per cittadini, investitori e leader di partito, drogando il mercato attraverso un costante aumento dei prezzi e abbassando gradualmente il costo del denaro; è così  che  la BCE ha messo in campo ogni volta una strategia vincente: vendere la volatilità e aumentare il proprio debito. Di conseguenza, nel corso del tempo, un’intera generazione di analisti, investitori e persino politici hanno visto questo come il modo in cui funziona un’economia normale. Sappiamo tutti che storicamente non è così e il 2023 potrebbe essere l’anno del ritorno al funzionamento classico. Quest’anno gli Stati della zona euro dovranno indebitarsi come mai prima d’ora, spingendo le emissioni di titoli per finanziare il debito interno fino a superare i 1.200 miliardi di euro. Sul versante privato, invece, le imprese sovra-indebitate si troveranno di fronte – alcune per la prima volta – al muro del rifinanziamento e ,verosimilmente, dovranno fare i conti con i rifiuti delle proprie banche ad aggiungere debito a debito. In conclusione possiamo dire che queste crescenti tensioni potranno sorprendere solo coloro che pensavano che il decennio 2010-2020 fosse la nuova normalità  e che gli schemi finanziari basati sul castello di carte del denaro facile non potranno resistere all’infinito  e potranno crollare in ogni momento.  È tempo dunque di tornare a metodi di investimento più “sobri”, come quelli dei nostri genitori, i quali non che fossero dotati di una saggezza che a noi manca, ma perché l’anno 2023 potrebbe, finanziariamente parlando, assomigliare più agli anni del secolo scorso che agli anni 2000.

 Se anticipi questi tre fattori, massimizzerai le tue possibilità di superare il 2023 senza intoppi. Adatta semplicemente la tua asset allocation di conseguenza… e ci vediamo a dicembre per riparlarne!

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