E’ URGENTE DECIDERE IL FUTURO ENERGETICO

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Politica Economia Finanza/ 83

E’ URGENTE DECIDERE IL FUTURO ENERGETICO

di Mario Travaglini

 Dal 6 al 18 novembre scorso a Sharm el-Sheykh, nella penisola del Sinai, si è svolta l’annuale  Conferenza delle Parti, organizzata quest’anno dal governo egiziano. Come suggerisce il nome, la COP27 (Conference of Parts) si riunisce per la 27a volta ed è la conferenza convocata dalle  Nazioni Unite per favorire i negoziati sui cambiamenti climatici. Questa convenzione (UNFCCC), adottata nel 1992, riconosce l’esistenza del cambiamento climatico e mira a stabilizzare il tasso di emissioni di gas serra (GHG) proponendo soluzioni nell’ambito della cooperazione internazionale. L’energia è stato l’argomento cruciale di tutte le discussioni ma la convergenza degli intenti è rimasta purtroppo lontana, sebbene le Parti abbiano continuato a trattare anche dopo la chiusura ufficiale dei lavori. A mio modo di vedere due evidenze oggi si impongono, soprattutto nell’ottica delle decisioni che il nostro Paese sarà obbligato a prendere. La prima, individuata da molto tempo e da tutti pressoché accettata, riguarda la decarbonizzazione; la seconda, richiamando il nostro lontano passato, quello del canale di Suez e dello shock petrolifero degli anni ’70, ci ricorda che il Governo hail dovere di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, proprio alla luce dei fatti legati  all’invasione russa in Ucraina. A queste due evidenze bisogna  dare una risposta chiara: stabilire che la produzione di energia elettrica sia totalmente carbon free, contrariamente a quanto fatto fin’ora da direttive di parte che per oltre dieci anni hanno contaminato negativamente ogni riflessione sul tema, ivi compresa quella sulla transizione energetica. Occorre anche andare oltre la cecità di coloro che si rifiutano di considerare  che in un futuro molto prossimo la domanda di energia sarà sempre crescente, nel mondo come in Italia, con  l’ovvia necessità di evitare riflessi negativi sulla nostra capacità di approvvigionamento. Non possiamo più permetterci, come avvenuto in passato, di essere tolleranti  nei confronti di analisi irresponsabili accettate unicamente per soddisfare le pressanti richieste di turbolenti alleati ritenute essenziali per il successo elettorale. In Europa abbiamo anche accettato due rischi i cui effetti erano largamente prevedibili e di cui paghiamo le conseguenze già in avvio di questa stagione invernale : a) un mercato unico dell’elettricità che prende come riferimento il prezzo del megawatt tedesco, sebbene questo dipenda dal gas russo e sebbene determini una grande produzione di CO2; b) obbligati ad andare con il cappello in mano dai francesi per l’acquisto della loro energia nucleare . Ecco, proprio il nucleare è l’energia che potrebbe liberarci. Lo stesso nucleare che per oltre mezzo secolo è stato volutamente e colpevolmente dimenticato. E dato che non possiamo fare affidamento né sul mercato unico dell’energia né sugli equilibri politici sempre più instabili che governano il mondo dobbiamo essere responsabili e fare, quindi, da soli. E, possibilmente, in fretta. Poiché sappiamo tutti che occorre ripartire da zero e che la questione tempo sarà capitale ritengo necessario coinvolgere nel progetto anche entità  al di fuori dello Stato. Si tratta di lanciare un prestito che potrebbe richiamare la sicurezza nazionale e intitolarlo decarbonizzazione immediata. Un prestito attrattivo sotto l’aspetto del rendimento, aperto ad imprese e privati, amministrato non unicamente dallo Stato ma da un consiglio di gestione composto dai principali finanziatori, con lo scopo di attuare, a nome di tutto il Paese, un movimento di investimenti le cui uniche condizioni di accesso sarebbero quelle di contribuire all’indipendenza energetica e all’immediata decarbonizzazione dell’Italia. A corollario del progetto si potrebbe anche prevedere, qualora i creditori lo desiderassero, anche la trasformazione dei prestiti in partecipazione in conto capitale. Nel prendere l’impegno a tornare a breve sull’argomento “nucleare” chiudo con la considerazione che se l’Europa ci sostiene tanto meglio, ma se non lo dovesse fare non è il caso di aspettarla.