Alla vigilia del referendum confermativo sulla riduzione dei parlamentari, il nostro Mario Travaglini, aveva severamente criticato la legge costituzionale votata praticamente da tutti i partiti presenti in Parlamento. La legge non essendo accompagnata da un’adeguata revisione del sistema elettorale veniva definita dal Presidente di Civiltà Italiana come una riforma oligarchica, che consegna il destino della “cosa pubblica” nelle mani di pochi parlamentari, fatta da chi teme che la parola definitiva su chi debba guidare il Paese passi al cittadino elettore azzerando, in tal modo, le manovre di palazzo sulle quali e nelle quali vive “la casta”. Le previsioni contenute nell’articolo pubblicato esattamente due anni orsono, in piena bagarre elettorale, meritano una riflessione alla vigilia di una tornata elettorale per la quale a competere per gli scranni superpagati saranno candidati imposti dall’alto e al cittadino elettore toccherà votare candidati in maggioranza “extraterritoriali”. Travaglini, con la sua solita lungimiranza, aveva previsto questa penalizzazione (“furto di democrazia”) e aveva auspicato che al popolo non più sovrano, venisse restituito il maltolto prevedendo l’elezione diretta del Capo dello Stato e una riforma in senso federale della Repubblica. Offriamo qui di seguito l’articolo in questione certi di fare cosa gradita ai nostri affezionati lettori, non senza segnalare, a riprova della sua attualità, che è in perfetta e non concordata sintonia con il pezzo di Marcello Martelli che inseriamo in questo stesso numero.
(PLP)
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