HomeLa RivistaAttualità e AmarcordL’UCCISIONE DI ANTONIO RUSSO: DOPO 21 ANNI, ANCORA SENZA UNA VERITA’…

L’UCCISIONE DI ANTONIO RUSSO: DOPO 21 ANNI, ANCORA SENZA UNA VERITA’…

A suo tempo,quando ricevette il premio come giornalista radiofonico dell’anno, Antonio Russo non sedette in prima fila, accanto al direttore di Le Monde. Nemmeno in seconda, con gli inviati dei quotidiani italiani. Era il 17 luglio 1999, all’isola di Ischia. Antonio era da poco tornato dal Kossovo. Unico reporter occidentale a restare a Pristina, sotto i bombardamenti, quando tutti gli altri erano andati via. Durante la conferenza stampa guardava gli altri colleghi, che lo snobbavano preferendo fare cerchio intorno al Direttore di Le Monde, in cattedra, in pompa magna, a dare consigli su come si fa il giornalista. Lui il giornalista l’ha fatto fino alla fine. E per questo è morto. Ucciso. Il suo corpo è stato ritrovato il 16 ottobre del 2000 in una stradina secondaria a 25 km a nord–est di Tblisi, capitale della Georgia. Da quella postazione privilegiata (s’intende, per l’informazione) ogni giorno raccontava agli ascoltatori di Radio Radicale la guerra in Cecenia. Dimenticata da tutti. Allora come adesso. Raccontava, Antonio, la cui vita non è mai stata scissa da quella del Partito Radicale, degli eccidi dei ceceni, delle stragi perpetrate dai russi e anche di cadaveri lasciati a marcire nelle falde acquifere, così per sempre inquinate, e di armi “inusuali”, armi, a detta del reporter, proibite dalle convenzioni internazionali. Aveva molti nemici in quella zona a cavallo tra l’Europa e l’Asia. Qui lo sapevano tutti, sia al partito che in famiglia. Ma dopo anni di indagini e di silenzi da parte della stampa italiana e delle autorità, non si sa ancora chi lo ha ucciso. Chi ne ha ordinato l’assassinio. Il cadavere presentava i segni della tortura: aveva le mani e la bocca chiusa con un pezzo di nastro adesivo. L’autopsia, condotta dai medici georgiani, ha rilevato che il torace gli è stato fracassato da un corpo pesante ma non appuntito:aveva fratture multiple alle costole, lesioni ai tessuti polmonari. Nessuna ferita esterna evidente. “Una metodica – sottolineano i suoi compagni radicali – propria dei servizi segreti russi”. L’appartamento, che da alcuni mesi aveva affittato a Tblisi, fu trovato sottosopra. Mucchi di stracci e carte erano rovesciate in ogni angolo della stanza e sì scoprì che erano stati rubati il telefono satellitare e un computer. Oltre ad alcune cassette, sulle quali, secondo Beatrice Russo, l’anziana madre del cronista, c’erano le prove di una battaglia, ignorata da tutti, sul suolo ceceno. “Mio figlio mi aveva parlato della cassetta in una telefonata un paio di settimane prima di morire – raccontava allora la donna – e non era tipo da perdere il controllo facilmente perché aveva una lunga esperienza di guerra ma in quella telefonata piangeva come un bambino. Era sconvolto per delle immagini contenute nel video, forse consegnatogli da guerriglieri ceceni. Parlava di bambini con mutilazioni in tutto il corpo, cadaveri sfigurati. Diceva che avrebbe denunciato l’operato dei russi alle Nazioni Unite”. David Khoshtaria, Giorgi Mekhishvili e Malkar Saldadre hanno conosciuto il reporter il 26 settembre, una data cruciale per la sua vicenda: in quel giorno Antonio Russo era intervenuto al congresso sui problemi ecologici in Cecenia tenutosi a Tblisi. “Voglio parlare soprattutto – è la trascrizione del suo intervento – dei danni prodotti dalle armi proibite che i russi usano in Cecenia. E parlo delle nuove tecnologie e delle armi all’uranio impoverito e dell’uso di armi chimiche e batteriologiche nelle regioni di Shatili e di Arguni. Ho visto delle persone con  le mani portate via da queste armi vietate. Tutti modelli vietati dal diritto internazionale”. I tre avevano appuntamento con Lui quel sabato mattina, alle 10, quando il giornalista sparì . “Trovammo la porta di casa aperta, caos dappertutto, le chiavi erano per terra, di Antonio non c’era traccia”. Alla pista dell’omicidio da parte della criminalità organizzata ci credeva il solo Nugzar Khambashidze, funzionario della polizia georgiana, che condusse l’inchiesta. Ma da diversi anni le indagini sono bloccate, ferme al palo. E anche la stampa italiana sembra avere la memoria corta. Ottaviano Del Turco, allora Ministro delle Finanze, ai funerali, in rappresentanza del Governo, aveva detto: “… quella dei giornalisti è, di solito, una corporazione legata e solidale. Ma questa volta, per Antonio Russo, si è fatta un’eccezione in negativo..”.

Nessun Commento

Inserisci un commento