Mentre il mondo cammina, si rafforzano le perplessità sul contesto più che mai obsoleto delle venti Regioni e dei loro mastodontici apparati burocratici. Fermo anche il disegno delle Macroregioni nell’ambito di uno Stato autorevole e credibile. Conquista considerazione il ruolo della città come contenitore di valori e anche di negatività da superare (inquinamento dell’aria e dell’acqua, ricostruzione, povertà e non solo). Il dibattito si impone, ma non c’è e riguarda temi legati a scadenze che non si possono rinviare. Nel 2050, oltre due terzi della popolazione mondiale vivranno in aree urbane. Una situazione che metterà al centro di ogni politica (perciò c’è necessità di averne una), proprio il ruolo e la governance delle città, dalle metropoli come Roma e Milano alle medio-grandi di cui è ricca l’Italia. Dove diventa prioritario dover cercare e dare soluzioni virtuose, visto che alle porte di ogni città si va profilando il pericolo che si creino tante “periferie”, dove la qualità della vita è uguale a zero. “Perché le città-avvertono gli studiosi del territorio- possono anche essere luoghi di esclusione e fonti di disuguaglianze, inquinamento, micro e macro criminalità. Concentrarsi sul buon governo, locale e centrale, delle città è e sarà tema fondamentale da perseguire”. Poi, c’è il problema di chi non vive in città e resiste in quei quasi 8.000 comuni nei quali solo circa 750 hanno una popolazione superiore ai 15mila abitanti. Aree montane, alpine e appenniniche, periferiche, povere, isolate. Specie di questo nostro Sud, che si stanno sempre più spopolando e hanno urgente bisogno di progetti risolutivi. Le cosiddette “aree interne”, che non hanno mai avuto risposte serie e costruttive e da quanti – in fuga da ogni dovere di generale interesse- hanno sempre tempo ed energie da spendere nel duello, sempre energico e aggressivo, su poltrone & dintorni ( Abruzzo docet vedere qui di seguito).
SIAMO AL VERTICE NELLA CLASSIFICA DEI PEGGIORI,MA PRENDIAMOLA COME UNA OPPORTUNITA’ PER SCUOTERCI, PARTECIPARE, RISALIRE
Teramo ai vertici nell’elenco della Fondazione Etica per incapacità amministrativa. Sono almeno una trentina le città peggiori (in Abruzzo c’è anche Chieti) nella classifica vergata sulla base dei dati obbligatoriamente forniti dai Comuni. Sotto esame bilancio, governance, personale, servizi, appalti e ambiente. Questo vuol dire che “non ci può essere sviluppo economico e sociale senza una buona governance pubblica”. Questo già lo sapevamo e, senza essere grandi esperti, lo abbiamo ricordato spesso anche qui. Adesso è inutile aprire la caccia ai responsabili, semmai da rimandare a tempo debito. Non perdiamo tempo: la classifica dei buoni e cattivi arriva in un momento decisivo. Trasformiamola in una opportunità, quando il premier Draghi lancia la sfida dei cento giorni per cambiare l’Italia. Dimostriamo che anche i peggiori sanno ritrovare l’orgoglio per scuotersi e partecipare. In modo che i dati che ci vedono in testa alla lista dei peggiori non siano uno sterile confronto con i migliori, ma una bussola per gestire al meglio i fondi del Pnrr, partecipando e risalendo dalla china. Nella foto: la classifica apparsa sul “Corriere della Sera”, domenica 19 settembre.
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