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DAMIEN HIRST ALLA GALLERIA BORGHESE ARCHAEOLOGY NOW

  

Il meritorio supporto di Prada sempre proiettato, alla ricerca della contemporaneità, nei linguaggi delle discipline letterarie, artistiche, filosofiche ha consentito l’evento-mostra di Damien Hirst che prende il nome di ARCHAEOLOGY NOW, curato da Anna Coliva e Mario Codognato.

L’esposizione che comprende le opere di scultura e pittura dell’artista sono ospitate in tutte le sale della galleria Borghese di Roma dove, in perfetta sintonia, idialogano con le opere dei grande maestri presenti.

Come si apprende da una intervista della stessa Anna Coliva, le opere in mostra nascono da un sogno dell’artista che immagina il ritrovamento di una nave all’interno della quale sono contenuti reperti archeologici

Le opere dalla serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable, già esposti nel 2017 nella grande mostra di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, trovano spazio in tutte le sale del museo affiancando i capolavori antichi: comprendono sculture  monumentali e di piccole dimensioni, realizzate in materiali quali il bronzo, il marmo di Carrara e la malachite.

I dipinti di Hirst Colour Space, esposti in Italia per la prima volta faranno parte dell’allestimento, all’interno della collezione permanente; la scultura di grandi dimensioni, Hydra and Kali, ha trovato sistemazione nello spazio esterno del Giardino Segreto dell’Uccelliera.

Damien Hirst nasce nel 1965 a Bristol, studia belle arti al Goldsmiths College di Londra. Nel 1988 progetta e cura Freeze, una mostra collettiva divenuta il trampolino di lancio non solo per Hirst, ma per un’intera generazione di giovani artisti britannici. Dalla fine degli anni ‘80, realizza una vasta serie di installazioni, sculture, dipinti e disegni per esplorare le complesse relazioni tra arte, bellezza, religione, scienza, vita e morte. Con i suoi lavori – investiga e sfida le certezze del mondo contemporaneo, ed esamina tutte le incertezze insite nella natura dell’uomo. Vive e lavora tra Londra, Devon e Gloucestershire.

  

Questa grande operazione culturale all’interno della galleria Borghese con il commento critico di Anna Coliva e Mario Codognato, dentro questa boccata di aria fresca soffiata dal nostro ministro per la cultura e arte Franceschini, mette in evidenza un processo che, pian piano si va materializzando nella contemporaneità del fare arte. Il ritrovamento della conoscenza dei materiali ed i processi relativi alla loro utilizzo diventano indispensabili alla produzione di un’opera d’arte che, non necessariamente deve essere solo la rappresentazione di un concetto così come voleva il nostro recente passato, ma anche contenere tutti quegli elementi derivanti dall’uso composito di più materiali che, in unione fra di loro, manualità colta, realizzano la poetica del racconto. E’ possibile intravvedere in questo percorso un ritorno palese alle mestiche ed esecuzioni della bottega d’arte, vissuto peraltro dallo stesso artista nel servirsi di professionalità diverse ma utili e strategiche per l’esecuzione dell’opera. Hirst, In qualche recente intervista, fa’ riferimento alle grandi botteghe d’arte, in particolare a quella seicentesca del Bernini, organizzata allora come una vera e propria fabbrica di produzione. Questo modo di procedere è sicuramente una delle strade che consentirà l’abbandono di tutta la produzione d’accademia di avanguardia  spacciata, spudoratamente per contemporaneità. Lo stesso artista, vista la serialità di alcune sue opere, è favorevole alla produzione di arte moltiplicata, con il sicuro intento di far conoscere ed avere la sua opera a più persone. Neppure soffre di complessi di inferiorità nei confronti dei grandi maestri, già ospitati nella galleria Borghese, con il lavoro dei quali la sua produzione si rapporta e colloquia alla pari, a mio avviso con grande sapienza e veramente pari dignità.

   

Per gli amanti dell’arte contemporanea, una mostra imperdibile.

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