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UNA VINCENTE NELLA VITA E NELLO SPORT?:LUDOVICA

Sport / 155

S.S.S. Special Sort Story/6

Ludovica Boccaccini e lo sport ritrovato

 

Soltanto l’incontro con Special Olympics ha ridato a mia figlia la gioia dello sport unificato: potersi allenare con altri atleti, disabili e non, le ha ridonato la voglia di mettersi in gioco, di pensarsi nel mondo, di costruirsi una sua autonomia”.

Iva, mamma di Ludovica Boccaccini

 

Ludovica Boccaccini, 37 anni, nata a Monza. Appassionata di sport da sempre, conosce tutti i nomi dei calciatori, dei tennisti, dei giocatori di basket. Snocciola risultati, classifiche, calendari. Ma anche lei, come accade a tanti, ha rischiato di lasciare lo sport per sempre, per non essere inserita nel giusto contesto.

Traggo da qui lo spunto per riaffermare che lo sport può  rappresentare un grande valore per tutti e, a maggior ragione, per chi abbia bisogni particolari. E’ importante, e nel nostro caso importantissimo, che sia interpretato come uno strumento e non abbia solo come obiettivo la performance agonistica. Questa scelta però non deve essere lasciata al caso.

Reinserita in un Team idoneo di Basket Unificato, dove giocano insieme atleti con e senza disabilità, giocano e basta…a prescindere da condizioni personali, Ludovica è tornata alla pratica sportiva, ma, quel che più conta, è tornata ad avere fiducia in se stessa. Ora non solo gioca a basket, ma è felice di andare in trasferta con tutti i suoi compagni di squadra, rilascia interviste e presenta eventi dal palco, come è accaduto ai Play the Games di Sabaudia, da la sua testimonianza, al fianco della Ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, in Presidenza del Consiglio dei Ministri durante la Conferenza Stampa di presentazione dei Play the Games 2024.

La nascita di Ludovica

Quando è nata Ludovica, mi ero trasferita da poco da Roma a Monza. Lontana da tutti, non nascondo che per me il suo arrivo è stato un trauma. Prima figlia, la sfida di fare il genitore. E insieme la disabilità. Ho avuto un crollo”.

Inizia così il racconto di mamma Iva.  “Ma passato il primo mese, mi sono subito rimboccata le maniche e ho iniziato a fare di tutto. Sono andata dritta, senza pensare. Posso dire di non aver avuto il tempo di deprimermi”.

Sono parole che a Special Olympics abbiamo sentito tante volte: la ricerca di una diagnosi, lo smarrimento nell’imprevisto, la solitudine. Ma poi la forza di volontà per prendere in mano la propria vita e quella dei propri figli.

All’epoca la parola inclusione forse nemmeno esisteva. Eppure, in tutta sincerità, Ludovica ha avuto un percorso eccellente, almeno a scuola e nell’assistenza. Certo, sentendo altri genitori nella mia situazione direi che è quasi tutta una questione di fortuna”. Ludovica è ben inserita. A scuola trova insegnanti capaci e disponibili. Inizia a fare sport, nuoto e mini basket.

L’incontro con Special Olympics

A 9 anni si trasferisce insieme alla mamma vicino Roma e continuerà lì il suo percorso di studi e la sua vita sportiva. “Di nuovo la fortuna ci ha assistito e siamo riuscite a trovare un contesto scolastico inclusivo, con personale formato e accogliente” continua Iva. Al liceo riesce a costruirsi anche una certa autonomia, va a scuola da sola con le sue compagne: “non sempre è stato facile, ma mi sono imposta di darle il suo spazio. È questo il mio ruolo”.

Nel frattempo, anche in zona romana, continua il suo percorso nel basket, migliorando a vista d’occhio. Pur essendo tra le più piccole, viene convocata per un torneo nazionale a San Paolo Ostiense, dove viene premiata dal comitato organizzatore.

Ma quando tutto sembra andare per il verso giusto arriva quella che Iva chiama “una bella mazzata”. Finita la pre-agonistica, infatti, viene contattata dal direttore dell’associazione sportiva in cui si allenava Ludovica: “Signora, purtroppo devo comunicarle che dovendo passare all’attività agonistica, non possiamo più tesserare sua figlia. Ora dovrà aggregarsi alle squadre speciali”.

Ludovica cresce, si allena, gioca e vive da sempre totalmente integrata tra i suoi coetanei senza disabilità intellettive. Come accettare un cambiamento del genere? Impossibile. “Una sera l’accompagnai col suo fidanzato a una festa organizzata da un’associazione. Quando aprimmo la porta ci accorgemmo che si trattava di un ballo per soli ragazzi e ragazze con Sindrome di Down. Io andai via con un groppo in gola, faticando a darmi una spiegazione. Ludovica fu molto più reattiva di me: mi chiamò 10 minuti dopo per andarsene a casa del fidanzato a guardare un film”.

Ludovica ha bisogno di stare in mezzo gli altri, non rinchiusa in un ghetto”. Non trovando altre opportunità, lascia lo sport e si iscrive a un’accademia d’arte. Rimane lontana dai campi per 15 anni, nonostante una passione irrefrenabile. “Soltanto l’incontro con Special Olympics ha ridato a mia figlia la gioia dello sport unificato: potersi allenare con altri atleti, disabili e non, le ha ridonato la voglia di mettersi in gioco, di pensarsi nel mondo, di costruirsiuna sua autonomia”.

Comincia col canottaggio e benpresto ritorna alla sua vera passione: il basket. “Ora viaggia in trasferta con la squadra, esce con le amiche e gli amici di squadra, si allena, gioca, si diverte”. Special Olympics è riuscita a coinvolgerla anche in altri programmi, come quello degli Atleti Leader. Ludovica ha presentato dal palco i Play The Games di Colleferro, prende i tempi alle gare, supporta gli altri Atleti.

Ama conoscere posti in cui non è mai stata, cibi nuovi, persone che arricchiscano la sua vita. Special Olympics è tutto questo: posso dire che ora si sente realizzata” conclude mamma Iva.

di Alessandro Palazzotti

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