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QUANDO DA CRONISTA DI NERA MI RITROVAI IN UN ALBERGHETTO A “LUCI ROSSE” DELPROFONDO SUD

Amarcord / 98 

QUANDO DA CRONISTA DI NERA MI RITROVAI

IN UN ALBERGHETTO A “LUCI ROSSE” DELPROFONDO SUD  

di Marcello Martelli

 Ho già raccontato qualche capitolo delle mie avventure di cronista anche di nera per un settimanale specializzato che, negli anni ‘60, andava a ruba nelle edicole, in assenza dei salotti tv che oggi hanno monopolizzato (anche troppo!) i fatti venati di sangue e violenze.

Per la mia puntuale precisione professionale, la direttrice di quel giornale a tinte forti volle premiarmi. Dopo l’Abruzzo, mi faceva correre anche in Puglia ogni volta che c’era (e capitava spesso) una nuova pagina di nera da raccontare. Allora, senza autostrada e vie facilmente praticabili, dire Puglia significava “profondo Sud”, con tutte le incognite neppure immaginabili. Ma ero giovane, pieno di entusiasmo per il lavoro che facevo e a certi rischi non ci pensavo proprio. Come quella volta che, a bordo della mia gloriosa Fiat 500 Topolino, mi trovai ad attraversare l’interminabile pianura del Tavoliere percorrendo, di giorno e di notte, strade impossibili e solitarie, senza incontrare anima viva per chilometri e neppure un distributore di benzina. Una notte, attraversando un piccolo paese illuminato da pochi fiochi lampioni, non volevo credere ai miei occhi stanchi ed assonnati.

Una donna mi stava facendo l’autostop. Finalmente, un’anima viva. Bloccai l’auto e la presi a bordo, continuando il viaggio in direzione Foggia, dove la sconosciuta doveva recarsi. Ma più andavo avanti e più il mutismo della mia occasionale ospite mi sembrava impenetrabile, quasi minaccioso. Cominciai a preoccuparmi e a riflettere. Ma chi era? Una donna…in quei posti…a quell’ora. Era forse una rapinatrice o un travestito mandato in giro dalla mala locale? Qualche complice mi avrebbe presto bloccato per derubarmi o farmi fuori? Tanto non avrei lasciato traccia in quelle plaghe deserte.

Quando la misteriosa sconosciuta mi chiese finalmente di scendere, fu la liberazione da un incubo. Arrivai nel paesone vicino Foggia a notte fonda. Nel buio fitto delle strade, andai a bussare dove in lontananza avevo notato una piccola luce rossa. Bussai un po’ perplesso. Mi offrirono ospitalità in una stanzetta di poche pretese con dentro un letto dalle lenzuola rosa alquanto allusive.

Prima di prendere sonno, nella stanza vicina sentivo voci maschili e, ogni tanto, la risata maliziosa d’una donna che immaginai giovane. Ero stanchissimo e dormii profondamente. Fino a quando il mattino non bussarono alla porta. Una ragazza piuttosto svestita (la stessa che sentivo ridere la sera prima?) entrò per portarmi il caffè del buongiorno, sedendosi sulla sponda del mio letto, come se ci conoscessimo da una vita.

E a mente lucida, capii a quel punto che ero capitato in un alberghetto “a luci rosse”.

 

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