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PER I FIGLI E NIPOTI: UN’ETICA DEL FUTURO

Il Limite / 68

Per i figli e i nipoti: un’etica del futuro

di Raniero Regni

…All’etica del presentismo sincronico, della simultaneità e dell’immediatezza, bisogna sostituire un’etica che inglobi anche il futuro, le conseguenze a lungo termine delle nostre scelte…

Che diritto hanno le generazioni future di chiederci di pensare a loro nelle scelte che facciamo? Possono coloro che non sono nati, addirittura anche gli esseri viventi non umani, rivendicare un diritto ad esistere e ad avere un mondo naturale sano e vivibile? Certo si può sempre rispondere con il genio ironico di O. Wilde, “mi dicono di fare sacrifici per i posteri. Ma, in fondo loro, che cosa hanno fatto per me?”. Cioè ci si può infischiare delle conseguenze a lungo termine delle nostre azioni riguardanti l’inquinamento e il riscaldamento globale. Che diritti hanno i posteri? Proviamo a rispondere seguendo il fondamentale studio filosofico di Hans Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, una lettura cui si farà spesso riferimento in questa rubrica anche in futuro. 

L’etica tradizionale presupponeva la stabilità della natura nella quale veniva inserita la città, come il regno degli esseri umani. Piccole enclave sparse qua e là in un mondo naturale onnipotente. Il potere, l’azione umana sull’immutabilità della natura era quasi nulla o minimale. L’etica, che indicava come comportarsi (devo o non devo farlo, è giusto o è sbagliato), era un ‘etica individuale e sincronica o del presente, adesso. E poi riguardava solo gli esseri umani, il bene umano, no quello dei viventi non umani.

Con l’età moderna questa condizione cambia. L’azione tecnica umana, la sua portata è enorme e coinvolge ora tutta la vita sulla Terra. Non riguarda più solo il presente ma è capace di condizionare anche il futuro, non riguarda i singoli ma la dimensione collettiva, globale, l’intera umanità. 

Siamo di fronte ad uno scenario completamente cambiato, di fronte al quale anche la soluzione proposta da Kant non regge. “Agisci in modo che anche tu possa volere che la tua massima diventi legge universale”, diceva il filosofo tedesco, ma questa affermazione non è contraddittoria con la distruzione del futuro a favore del presente. La felicità delle generazioni presenti può essere preferita a quella delle generazioni future. Non c’è contraddizione per l’etica di Kant. “Il sacrificio del futuro per il presente non è, sul piano logico, più confutabile del sacrificio del presente sul futuro”, scrive Jonas. 

Allora ci vuole una nuova etica adeguata ai nuovi poteri umani. Il primo assioma di questa etica, il primo presupposto di tipo metafisico, è che l’essere sia preferibile al nulla, o al non essere, che la vita sia preferibile alla morte. Ma questo, che pure sembrerebbe quasi scontato, non lo è più. Molti imprenditori e molti politici influenti si comportano invece come se l’affermazione egoistica del loro presente, capace di pregiudicare il futuro, sia l’unica valida. Se domani il mondo sarà così inquinato e il clima così invivibile, non rientra nel loro interesse. Essi guardano solo a massimizzare i profitti qui ed ora ma, in fondo, non credono che la vita sia meglio della morte, quantomeno la vita degli altri. Per il semplice fatto che quando loro non ci saranno più non ci sarà più niente. Una logica ed un’etica quindi nichilista, il massimo valore, la vita sulla terra, non vale più e non ha più senso. Molti, troppi di noi, si comportano come se non ci fosse più un futuro. Ma per chi ha figli e nipoti, ed ha a cuore le sorti delle generazioni future, che vivranno in un tempo in cui né Draghi, nè Trump, né Putin, né Berlusconi, non ci saranno più, le cose cambiano. Per noi, come scrive Jonas, “l’esistenza di un mondo qualsiasi è preferibile alla non esistenza del mondo…un mondo adatto ad essere abitato dall’uomo”. Da questa affermazione discendono i diritti dei non ancora nati. 

All’etica del presentismo sincronico, della simultaneità e dell’immediatezza, bisogna sostituire un’etica che inglobi anche il futuro, le conseguenze a lungo termine delle nostre scelte. Un’etica non più solo individuale ma anche collettiva. Un’etica che assieme al bene umano coinvolga anche il bene degli esseri viventi extraumani, includendo nei fini in sé anche il mondo naturale e includendone la cura nel concetto di bene umano. 

Per questo dobbiamo porci un limite oggi, perché domani possano avere acqua ed aria e terra sufficientemente vivibili. Dobbiamo rinunciare ed essere prudenti. Dobbiamo autolimitarci e prevedere le conseguenze negative del nostro potere e non solo prevenire ma imporre la precauzione del non fare quando c’è un dubbio.  Dobbiamo imporci un’etica del futuro che preveda a lungo termine e non dobbiamo sacrificare il futuro al presente. I non nati non hanno una lobby, i non ancora nati sono impotenti. Dobbiamo rappresentare i loro diritti nel presente. Dobbiamo essere così saggi da ridurre non solo il debito economico delle generazioni future, ma il debito ecologico, il peso dell’impronta ecologica. Sono oramai più di due generazioni che viviamo a debito con la natura, consumando più ossigeno, più acqua. più suolo, più energia, più spazi verdi, di quanto la natura sia in grado ogni anno di rigenerare. 

“L’eccesso del nostro potere di fare rispetto al nostro potere di prevedere e al nostro potere di valutare e giudicare”, impone quella prudenza, quella cautela, quella saggezza che in passato era tipica del pensiero religioso.  

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