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ADDIO A GABANI’ CAMPIONE DELLA FORZA E DELLA LEALTA’

I POST  ella settimana / 66

Arnaldo Pambianco in Maglia rosa nel Giro del centenario 

Addio al campione emblema della forza e della lealtà 

Lo chiamavano Gabanì (“giacchettina”, in dialetto romagnolo), perché da adolescente era talmente povero che l’unica giacca che possedeva sembrava ovviamente rimpicciolire mentre lui cresceva.

 E cresceva in fretta Arnaldo Pambianco, tanto che, a forza di spingere sui pedali della bicicletta da garzone sulle rampe della sua Bertinoro, si accorse ben presto che poteva diventare un piccolo campione di questo sport

A vent’anni era già nazionale dilettanti (legato a doppio filo al suo capitano e concittadino Ercole Baldini, che aiutò a vincere tutto, dalle Olimpiadi, al Giro d’Italia, al mondiale professionisti: e che ora sarà terribilmente solo). 

Lui stesso sarebbe potuto diventare campione del mondo dilettanti se non l’avesse tradito proprio un compagno di squadra che, al contrario di lui, non sapeva cosa fosse la parola lealtà. A Waregem, nel 1957, arrivò secondo in lacrime.

Era un atleta fidato e buono: ma anche un grande combattente. Quando per la prima volta gli venne consentito di correre da capitano (con la squadra della “Fides”, sottomarca della più celebre “Ignis”) conquistò un Giro d’Italia storico: sia per essere stato quello del centenario della nostra unità nazionale (unico ad aver toccato tutte le regioni), che per aver battuto tutti i più forti corridori del mondo, da Gaul ad Anquetil (oltre a Van Looy, Suarez, Bahamontes, Stablinski) che infatti in sua assenza si spartirono il successivo Tour de France.

Dopo quell’exploit tornò con grande umiltà nei ranghi aiutando a crescere campioni più giovani come Adorni e Gimondi a cui fece da chioccia nella Salvarani ricevendo in cambio una gratitudine pari alla sua fedeltà e alla sua correttezza.

 Mi restano la sua cordialità e la sua amicizia: e anche l’orgoglio di averlo visto felice quando, in occasione del Giro del 150nale, allestii nella mia trasmissione una piccola cerimonia per fargli consegnare la maglia rosa speciale che, come la sua del 1961, aveva le maniche con i bordi tricolori. 

Ha fatto della dignità la sua bandiera. Credo che nessuno abbia mai usato quanto lui la non sempre dovuta parola “grazie”. Era un uomo appagato e sereno, vicino alla sua bellissima Fabiola alla cui morte non ha saputo sopravvivere

Addio Gabanì

(Marino Bartoletti– Facebook- 7 luglio 2022)

 

I POST della settimana / 66 /2

TEMPO DI ATTESE E DI SOGNI

Oggi faccio una piccola riflessione e nella mente si staglia il tempo del raccoglimento, della riflessione, il tempo dei ricordi. Risento lo scorrere potente, sempre trascinante, del tempo e della vita. Sussurri di memorie fragili come antichi ricami, o ricordi, vivi e vibranti come palpiti. Tempo di attese e di sogni. E proprio il sogno mi è tornato alla mente. Pochi versi, scritti negli anni sessanta. Eravamo fidanzati, io e mia moglie. Ne vorrei fare omaggio agli aquilani vicini e a quelli lontani, affinché la nostalgia possa favorire il ritorno nella città amata. La vorrei dedicare agli amici e parenti sparsi in tutto il mondo e, in particolare, ai giovani perché sappiano che questi sentimenti, bene o male, costituiscono una delle essenze della vita. Un caro abbraccio a tutti.

Ji ricordi

Passennu l’atra sera alla Rivera

me parea de revedette a primavera.

Tu purtii j carzù’ e ‘na majetta

e j’ portea ‘mani la giacchetta.

Te vojo fa’ vede’ le novantanove cannelle

pe’ potette regala’ quele chjù belle.

‘Nanzi a tanta dorge bellezza

remanisti ‘ncantata e j’ te feci ‘na carezza.

‘Nu sguardu soave me guardò attentamente

e j’ te bacio’ le labbra dorgemente

(Fulgo Graziosi – Facebook 7 LUGLIO 2020)

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