HomeLa RivistaMALA GIUSTIZIA :DOPO I MILANESI ANCHE I GIUDICI ROMANI FINICONO NEL MIRINO DI NORDIO

MALA GIUSTIZIA :DOPO I MILANESI ANCHE I GIUDICI ROMANI FINICONO NEL MIRINO DI NORDIO

Dalla parte dei Consumatori / 106

Consumatori / 106

 MALA GIUSTIZIA :DOPO I MILANESI ANCHE I GIUDICI ROMANI FINICONO NEL MIRINO DI NORDIO

Pensionato di 90 anni condannato dai Giudici del Lavoro di Roma a pagare 77.000 EURO di spese legali per aver chiesto il ricono il riconoscimento dei propri diritti di lavoratore. Grave nella vicenda anche il comportamento degli avvocati

Un grave caso di mala-giustizia finisce al vaglio del Consiglio Superiore della Magistratura, che dovrà valutare l’operato dei giudici del lavoro di Roma che hanno condannato un anziano lavoratore di 90 anni a pagare spese legali per un totale complessivo di oltre 77mila euro. La vicenda viene denunciata oggi dal Codacons a cui l’uomo, residente a Roma, si è rivolto per ottenere assistenza e aiuto.
Il Sig. F. D. L. nel dicembre del 2017, dopo tanti anni di duro lavoro come caporedattore alle dipendenze di un sindacato, veniva allontanato dal suo posto di lavoro senza alcuna giustificazione e senza alcun riconoscimento economico – spiega l’associazione – Per tale motivo, ai fini dell’ottenimento del trattamento economico, retributivo e contributivo spettante, decideva di agire nei confronti dell’ex datore di lavoro proponendo ricorso dinanzi al Tribunale civile di Roma, sezione Lavoro. Con sentenza del 16.09.2020 il Giudice Dott. Tizzano respingeva il ricorso promosso dell’anziano condannandolo al pagamento delle spese di lite per un totale di 36.410 euro. Anche in secondo grado la Corte di Appello di Roma respingeva le richieste del pensionato, condannandolo al pagamento di ulteriori 40.709 euro in favore delle tre controparti.
Al di là dell’esito dei procedimenti e delle motivazioni delle sentenze, una condanna così abnorme alle spese di giudizio (oltre 77mila euro in totale) nei confronti di un pensionato di 90 anni non solo è del tutto insostenibile, ma nel caso di specie è addirittura contraria alle disposizioni di legge – denuncia il Codacons – I giudici hanno infatti operato una erronea moltiplicazione delle spese legali, considerando le difese dei tre convenuti come separate e distinte tra loro, quando in realtà le parti convenute si sostanziavano in un unico soggetto. Tale circostanza è confermata anche dagli atti del procedimento: le difese sono praticamente identiche – come riconosciuto dal Tribunale nella sentenza di primo grado dove, con riferimento alle memorie depositate dalle controparti, si legge come le stesse fossero “di tenore essenzialmente identico” – e tutte affidate a componenti del medesimo studio legale.
Secondo la Cassazione quando l’avvocato assiste e difende più persone aventi la stessa posizione processuale, va liquidato un onorario unico e non tanti onorari quanti sono i clienti, tanto al rapporto di soccombenza, quanto ai rapporti di clientela.
Occorre inoltre rilevare come nel nostro ordinamento esista una legge che ha reso obbligatorio, per l’avvocato, stilare un preventivo in forma scritta dei costi della prestazione professionale (l’art.1, comma 141, sub 6, lettera d, della l. 4 agosto 2017 n.124), prevedendo che il professionista sia tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili riguardanti gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico e a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.
Per tali motivi il Codacons, a tutela del sig. F. D. L., ha presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo di aprire una indagine sulla vicenda e valutare la correttezza dell’operato dei giudici del Tribunale e Corte d’Appello di Roma. Analogo esposto è stato presentato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma nei confronti dei legali della controparte, tutti componenti dello studio dell’Avv Michele Lioi, affinché verifichino l’esistenza dei preventivi di spesa obbligatori per legge e l’eventuale illecito di abuso del processo.

 

 

 

Pensionato di 90 anni condannato dai Giudici del Lavoro di Roma a pagare 77.000 EURO di spese legali per aver chiesto il ricono il riconoscimento dei propri diritti di lavoratore. Grave nella vicenda anche il comportamento degli avvocati

Un grave caso di mala-giustizia finisce al vaglio del Consiglio Superiore della Magistratura, che dovrà valutare l’operato dei giudici del lavoro di Roma che hanno condannato un anziano lavoratore di 90 anni a pagare spese legali per un totale complessivo di oltre 77mila euro. La vicenda viene denunciata oggi dal Codacons a cui l’uomo, residente a Roma, si è rivolto per ottenere assistenza e aiuto.
Il Sig. F. D. L. nel dicembre del 2017, dopo tanti anni di duro lavoro come caporedattore alle dipendenze di un sindacato, veniva allontanato dal suo posto di lavoro senza alcuna giustificazione e senza alcun riconoscimento economico – spiega l’associazione – Per tale motivo, ai fini dell’ottenimento del trattamento economico, retributivo e contributivo spettante, decideva di agire nei confronti dell’ex datore di lavoro proponendo ricorso dinanzi al Tribunale civile di Roma, sezione Lavoro. Con sentenza del 16.09.2020 il Giudice Dott. Tizzano respingeva il ricorso promosso dell’anziano condannandolo al pagamento delle spese di lite per un totale di 36.410 euro. Anche in secondo grado la Corte di Appello di Roma respingeva le richieste del pensionato, condannandolo al pagamento di ulteriori 40.709 euro in favore delle tre controparti.
Al di là dell’esito dei procedimenti e delle motivazioni delle sentenze, una condanna così abnorme alle spese di giudizio (oltre 77mila euro in totale) nei confronti di un pensionato di 90 anni non solo è del tutto insostenibile, ma nel caso di specie è addirittura contraria alle disposizioni di legge – denuncia il Codacons – I giudici hanno infatti operato una erronea moltiplicazione delle spese legali, considerando le difese dei tre convenuti come separate e distinte tra loro, quando in realtà le parti convenute si sostanziavano in un unico soggetto. Tale circostanza è confermata anche dagli atti del procedimento: le difese sono praticamente identiche – come riconosciuto dal Tribunale nella sentenza di primo grado dove, con riferimento alle memorie depositate dalle controparti, si legge come le stesse fossero “di tenore essenzialmente identico” – e tutte affidate a componenti del medesimo studio legale.
Secondo la Cassazione quando l’avvocato assiste e difende più persone aventi la stessa posizione processuale, va liquidato un onorario unico e non tanti onorari quanti sono i clienti, tanto al rapporto di soccombenza, quanto ai rapporti di clientela.
Occorre inoltre rilevare come nel nostro ordinamento esista una legge che ha reso obbligatorio, per l’avvocato, stilare un preventivo in forma scritta dei costi della prestazione professionale (l’art.1, comma 141, sub 6, lettera d, della l. 4 agosto 2017 n.124), prevedendo che il professionista sia tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili riguardanti gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico e a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.
Per tali motivi il Codacons, a tutela del sig. F. D. L., ha presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo di aprire una indagine sulla vicenda e valutare la correttezza dell’operato dei giudici del Tribunale e Corte d’Appello di Roma. Analogo esposto è stato presentato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma nei confronti dei legali della controparte, tutti componenti dello studio dell’Avv Michele Lioi, affinché verifichino l’esistenza dei preventivi di spesa obbligatori per legge e l’eventuale illecito di abuso del processo.

Articolo precedente
Articolo successivo
Nessun Commento

Inserisci un commento