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IL BISOGNO DEL DESIDERIO IN AMORE L’incontro karmico di Poros e Penia

Benessere Psicofisico / 97

IL BISOGNO DEL DESIDERIO IN AMORE L’incontro karmico di Poros e Penia

di Lorena Menditto

 

Le desir c’est la mire*

Joaquin Sorolla, La nostalgia di ciò che non siamo più

 

Poros è un uomo ricco, vive di facilitazioni durevoli e si innamora perdutamente di Penìa, povera mendicante, bella infinitamente. La guarda con cupidigia, con desiderio. Perdutamente distanti.

Il discorso sull’Amore mi piace affrontarlo qui su due piani: quello filosofico e quello psicologico.

Il desiderio filosofico è un dato cosciente che posso rincorrere nella mia mente, riesco ad immaginare quanto amabile potesse essere stata l’attesa dell’amato, spesso dell’eròmenos, quel giovane immaturo innamorato di quell’uomo più grande di lui, riesco a vederne le linee del volto, la musica, gli ambienti adornati, come nei quadri dell’arte classica. Inizio a pensare che Penìa fosse certa del desiderio di Poros, e – nell’incontrare lo sguardo di Lei -, Egli si sia sentito perso. 

Capitò così, che in una lunga notte d’estate Penìa scivolò nel letto di Poros ubriaco, che senza saperlo, generò Eros.

In questo senso Lei ha dato al suo amato la mancanza. Desideriamo ciò che non abbiamo, secondo l’ottica platonica.

La prospettiva cambia con l’etica spinoziana nel senso che noi non desideriamo niente perché lo consideriamo buono per noi, ma lo desideriamo perché il valore dell’oggetto amato è la nostra mira.

Un desiderio ab origine, una metafisica aristotelica incarnata nel moderno concetto del flusso e della determinazione. 

I filosofi amano distinguere quindi un aspetto del desiderio come se fosse un oggetto essenziale (Platone) oppure un desiderio con valore transferale (Spinoza), una distinzione non contrapposta, perché l’oggetto mirato resta integro e integrato.

Hegel con la sua logica a “chiocciola” illustra molto bene qual è il vero problema dell’amore.

Il vero quesito non è tanto la contrapposizione della funzione del soggetto amato, bensì proprio il “non Amore”, ossia quello che amo in te è l’amore mio; non amo te, ma la mia mira sorda. 

                                                          Lui   ————————————–>  Lei

                                                                                     Amore mio 

In termini psicologici il nevrotico ad esempio non ama ciò che desidera, tant’è che farà ripetuti tentativi per rimuoverlo, subendo così una profonda divisione. Se si potesse dare un’idea piccola di una cosa così grande potremmo dire che il titolo del godimento in alcuni casi è frutto di dissociazione tra amore e desiderio; gli psicoanalisti freudiani lo sanno bene che nel sogno c’è una forma filosofica del desiderio, antropico e rivelatore, che al risveglio potrebbe realizzare con eccitazione, il desiderio stesso.

Una potenzialità preziosa per gli analisti, da conservare con cura, senza negazioni o contrapposizioni, un bisogno unito alla domanda, che insieme, giungono al desiderio.

Così la divisione dell’oggetto amato risponde al mito di Eros con una certa alienazione amorosa che provoca instabili desideri, e a volte turbamenti altrettanto instabili.

La mancanza d’amore può essere una formula sintetica Y=f(?), laddove ricercare la variabile indipendente tra le parentesi può essere motivo di grande dolore.

La mancanza dell’amato in senso di assenza è faticosa, restituisce il vuoto e non fornisce approdi, ma anche la “mancanza” della vista dell’oggetto d’amore merita riflessioni, che a tratti, secondo Lacan, possono non essere negative.

Lo spazio vuoto per le ore mancate, è una dimensione evolutiva di Eros, un’ouverture di attesa che porta a lidi sconosciuti, ma riempitivi, una fluttuazione sorprendente tra il desiderio e la perdita del desiderio. Siamo in effetti immersi – come nei quadri di Sorolla – in un bellissimo mare estivo in tempesta, mosso dall’erotica del desiderio e dalla sua erotizzazione, e al centro ci sono gli amati e i non amati.

Se si potesse almeno evitare l’ambivalenza emblematica del “mi ama o non mi ama”, cosa difficilissima da fare, potremmo tornare a sognare liberamente e smetteremmo di inserire la variabile con il nostro nome tra quella parentesi, se solo sapessimo che, una volta risolta la variabile, la mira del desiderio conta la sua ora. 

Il mondo nel senso di mundus, ripulire, è più sopportabile se dormiamo, così il nostro oggetto d’amore potrà essere costantemente ripulito dall’irreprensibilità.

Dormiamo, per sognare.

*ringrazio per l’ispirazione il Prof. Bernard Nominè, incontrato a Roma per la prima volta, ad un seminario in lingua francese presso il Centro Clinico di Psicoanalisi lacaniana, e che ha acceso molte luci in me. (L-M.)

 

Le desir c’est la mire*

*Il desiderio è la mira

 

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