
Abruzzesità poetica /56
“Primavere”
di Antonio Del Beato Corvi
Antonio Del Beato Corvi, poeta sulmonese, non disdegna cercare intorno a sé, nel suo mondo bucolico, che lo affascina e sorprende sempre di più, le ispirazioni per i suoi componimenti in dialetto peligno, di Sulmona.
Dalla terra al cielo, dall’antica radice, che giace abbandonata, allo sfrecciare mirabile di una rondine che fa, già di suo, primavera indaffarata, com’è, tra il nido, sospeso al riparo di un tetto, e l’azzurro che attrae e che sfiora leggera, come mano che scorre, carezza e ricama corredi di tela.
Dal balcone il cespo di pansé, curioso, fa capolino, e ammicca alla timida viola che, ancora, non osa tirarsi del tutto su. Non osa per ora, ma s’appronta a farlo. E lo farà perché Primavera e lì, in quello scorcio tremulo, tra sogno e realtà del, quale s’inebria l’autore e nel quale ama lasciarsi andare.
PRIMAVERE
di Antonio Del Beato Corvi
Appuijiate
a ’na radeche antiche,
pecuntrose ’na viole
a ’na ’ulijie de Sole,
ha schiuse lu core.
’Na trofe de pansé
se la ride a nu vugnale
e nu mannele fiurite,
’nche lu viente, la salute
chella rinnela che vole,
fra ciele e nide,
recamenne merlette,
’n punte de scenne
pe’ ’sta Primavere.
PRIMAVERA
Appoggiata
ad una radice antica,
vergognosa una viola
ha aperto il cuore.
Un cespo di pansé
sorride su un balcone
e un mandorlo fiorito,
mosso dal vento, la saluta
quella rondine che vola,
fra cielo e nido,
ricamando merletti.
In punta di ali,
per questa Primavera.
(E. Di Ianni)