HomeLa RivistaAttualità e AmarcordMA LO STATO TUTELA I SUOI SERVITORI? – Seconda parte

MA LO STATO TUTELA I SUOI SERVITORI? – Seconda parte

In un precedente intervento abbiamo dato il giusto rilievo alla denuncia   del soldato italiano malato e vicino alla fine, dimenticato dallo Stato, dopo aver subito le conseguenze delIa  contaminazione da uranio arricchito durante le missioni in Somalia. Oggi parliamo di un altro servitore dello  Stato, Giuseppe Costanza, per otto anni al fianco di Giovanni Falcone e, insieme a lui, anche in quel tragico sabato pomeriggio.I segni di quel tragico giorno li porta addosso. Ha una cicatrice, evidente, sulla fronte. E’ l’unico superstite della strage del 23 maggio1992, della quale, tra qualche giorno, ricorre il doloroso anniversario, ma dice di essere “dimenticato” da tutti.. Quando gli chiedono di parlare di Falcone gli occhi si fanno lucidi: “Per otto anni” dice “ho rischiato la vita perché il dottor Falcone era una persona che meritava“. Costanza, però, è arrabbiato, con le istituzioni che lo hanno abbandonato e che si sono dimenticate di lui. “Se avessi saputo che sarebbe finita così avrei preferito morire con i miei colleghi, almeno sarei diventato un eroe, adesso invece non sono nessuno. Non sono mai stato invitato a nessuna manifestazione ufficiale, per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta”. Per me le porte sono sempre state chiuse”. Giuseppe Costanza passa sei ore al giorno nel suo ufficio, nello scantinato del palazzo di giustizia di Palermo, arriva alle otto e se ne va alle quattordici. Passa il tempo chiuso in una stanza di due metri quadrati, alla parete la foto del giudice ucciso. “In questi anni” dice amareggiato “ci sono state tantissime passerelle di politici, magistrati, uomini delle istituzioni. Tutti dicevano di essere amici del giudice. Mentre io non sono stato mai ritenuto all’altezza. Abbiamo pagato un tributo di sangue, ma quello degli autisti forse non è come quello degli altri“. Punta il dito anche contro le Fondazioni nate dopo la morte del giudice, guidate da familiari ed amici. “Anche loro” dice “mi hanno dimenticato“. Costanza poi mette da parte la rabbia e racconta gli ultimi istanti prima della strage. “Siamo arrivati in aeroporto molto puntuali. La moglie di Falcone si è accomodata davanti ed il giudice mi ha chiesto di guidare. Io mi sono seduto dietro. Abbiamo parlato un po’ di quello che era successo a Palermo e poi gli ho chiesto di ridarmi le chiavi, che si trovavano appese nel quadro, una volta arrivati a destinazione”. “Lui invece” aggiunge ancora meravigliato ”le sfilò mentre guidava, con un  gesto strano”, “La macchina” -racconta ancora Costanza “ha rallentato e io ho detto al giudice di reinserire subito le chiavi, altrimenti ci saremmo andati ad ammazzare. Lui le ha rimesse subito a posto, poi non ricordo più nulla. Mi sono risvegliato in ospedale“. Poi Giuseppe Costanza torna a parlare di come è stato trattato in tutto questo tempo. “Quando una persona vive esperienze del genere” dice“ non va trattato a pesci in faccia; la solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime è sacrosanta, ma è necessario ricordare anche chi, come me, è rimasto vivo……..“……..

Questo succedeva nel 2003!!!Voglio sperare che, ai nostri giorni,tutti coloro hanno servito fedelmente lo Stato non si trovino nella stessa  situazione di Giuseppe Costanza.

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